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Editoriale del sabato

Il silenzio di Papa Pacelli una sconfitta per la Chiesa

L’enormità dei crimini compiuti dai nazisti fu tale da cogliere alla sprovvista anche un’istituzione millenaria come la Chiesa cattolica. Cercare di comprendere l’atteggiamento di Pio XII e i suoi silenzi sulla Shoah significa dunque «interpretare l’angoscia di uomini rimasti muti e sconcertati di fronte a questioni insolubili». Con questa considerazione l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha aperto ieri a Milano il dibattito di presentazione del libro di Andrea Riccardi La guerra del silenzio (Laterza), dedicato al comportamento di Papa Pacelli nel corso della Seconda guerra mondiale dinanzi alla tragedia immane dello sterminio. Un orrore così smisurato da sollevare interrogativi di natura teologica. Infatti Delpini ha citato il salmo in cui si manifesta una protesta di fronte a Dio per la distruzione di Gerusalemme.

Alla discussione, organizzata in Sala Buzzati dalla Fondazione Corriere della Sera, hanno partecipato, oltre all’autore del saggio, Ferruccio de Bortoli, lo storico Agostino Giovagnoli, il giurista Gabrio Forti, la senatrice a vita Liliana Segre. Più volte negli interventi di tutti i relatori è risuonato il termine «esagerazione». Già, perché in Vaticano durante la guerra qualcuno riteneva che gli ebrei esagerassero nel descrivere le persecuzioni di cui erano vittime. Mentre l’unica spaventosa «esagerazione» risiedeva nella portata inconcepibile di un genocidio perpetrato addirittura su scala industriale.

Il libro di Riccardi, ha osservato de Bortoli, racconta «una sconfitta del cristianesimo». E tuttavia oggi proprio la trasparenza su quegli eventi e l’ammissione del silenzio mantenuto dal Vaticano è il modo migliore per rendere merito ai tanti cristiani che prestarono soccorso agli ebrei braccati dai nazisti. Pio XII scelse la prudenza nell’illusione di svolgere una funzione mediatrice tra le parti in conflitto e per timore di aggravare la condizione dei perseguitati con una presa di posizione esplicita, ma viene da chiedersi che cosa sarebbe successo se avesse minacciato di stendersi sui binari davanti al treno che portava verso la morte gli ebrei catturati dalle SS durante la razzia nel ghetto di Roma del 16 ottobre 1943.

ANTONIO CARIOTI


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