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Editoriale della domenica

Ulitma domenica di ottobre, più da mare che da giratina domenicale.

Domenica che precede halloween, molto atteso e sentito anche in Europa e qui in Italia.

“Vogliamo scegliere la via della pace. Combattiamo la pandemia della guerra”

Riportiamo di seguito il discorso pronunciato dal card. Zuppi in occasione della manifestazione internazionale e interreligiosa per la pace, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, svoltasi a Roma dal 23 al 25 ottobre 2022 con la partecipazione anche del Presidente della Repubblica Francese Emmanuel Macron e conclusasi al Colosseo alla presenza di papa Francesco.

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Desidero ringraziare la Comunità di Sant’Egidio per questa tela di dialogo della quale non finiamo di stupirci perché affatto scontata. È una tela che con l’artigianato paziente della pace la Comunità continua a tessere in un mondo lacerato e così poco capace di pensarsi spiritualmente insieme. È una tela resistente, che unisce credenti di fede diverse, che spesso si sono combattute e che ancora oggi parlano con difficoltà, laici e umanisti. E’ una tela che permette a tanti di scegliere la pace e il dialogo. E anche questo non è poco. Nessuno qui è disoccupato nell’impegno per la pace. La pace è affare troppo importante per essere di qualcuno e ci riguarda tutti. Qui si ricompone quel bellissimo disegno che la violenza e la guerra distrugge. Ogni filo di colore capisce il suo significato proprio solo disponendosi accanto all’altro e l’arte del dialogo – arte di vivere e vivere è arte del dialogo e il dialogo è l’arte di Dio – è proprio questa: metterci insieme per realizzare il disegno magnifico dell’umanità in pace perché Dio ci ha creato diversi non per combatterci o vivere come isole ma per amarci e scoprire chi siamo mettendoci accanto all’altro, scoprendo così la sua e la mia bellezza e utilità. 

Ogni anno questa tela acquista sempre tanti nuovi significati, a volte purtroppo tragici. Il grido della pace nasce perché siamo raggiunti dal grido drammatico della sofferenza, a volte fortissimo e tenerissimo come il pianto di un bambino o chiuso nelle ferite profonde del cuore quelle che durano per sempre. È il grido di aiuto e protezione emesso dal pianto, dal lamento grande di ogni Rachele che piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più (Ger. 31,15). Ecco perché siamo qui: per tutte le vittime che affidano il loro testamento che è la loro stessa vita. Tutte esse volevano e vogliono vivere ed avevano e hanno il diritto di vivere. Siamo qui per le lacrime – che sono sempre uguali per tutti – che scesero dalle loro guance e scendono da chi è sopravvissuto. “Dio conta i passi del nostro vagare e raccoglie le lacrime nel suo otre, le scrive nel suo libro”, recita il Salmo (Ps 56, 9) e noi siamo qui perché questo otre di lacrime, spesso osservato con indifferenza o colpevole incapacità dagli uomini, chiede di essere asciugato dalla pace.

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