Ottobre rosa: come Camilla ha sconfitto il tumore al seno
Il tumore alla mammella, solo in Italia, colpisce ogni anno circa 50.000 persone e rappresenta il cancro più frequente tra le donne. Secondo i dati aggiornati del Ministero della Salute, nel 2020 sono stati diagnosticati 55.000 nuovi casi di carcinomi della mammella, ma lo screening e la diagnosi precoce permettono di identificare un numero sempre maggiore di tumori allo stadio iniziale portando così il tasso di sopravvivenza, a 5 anni dalla diagnosi, all’88%.
Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno. La diagnosi precoce rimane, insieme ai progressi della ricerca e delle terapie, l’arma più importante per combattere questo male. Per diffondere tale messaggio The Password ha realizzato tre interviste con persone che hanno avuto a che fare da vicino con il cancro al seno.
Attraverso la Fondazione Airc per la ricerca sul cancro abbiamo conosciuto Camilla, una donna dalla forza straordinaria che sei anni fa ha ricevuto una diagnosi di carcinoma mammario. Camilla ci ha parlato di cosa vuol dire vivere la malattia tra dolore, perdita, paura. Ma questa non è una storia di sofferenza: la vera protagonista di questa storia è la speranza.
Parlaci di te. Chi sei? Raccontaci della tua esperienza con la malattia.
“Mi chiamo Camilla e ho 41 anni. Ho una bimba di 1 anno, Alice, e sono sposata da tre anni con Fabio. Alice è il nostro piccolo miracolo raggiunto grazie alla ricerca e alle cure della dottoressa Del Mastro. Questo perché sei anni fa ho avuto un tumore al seno. All’epoca non avevo ancora figli e il mio desiderio più grande era di averli un domani. Ho fatto una cura sperimentale che ha permesso di preservare le ovaie dagli effetti della chemio, che spesso rende sterili.
Mia madre è mancata per un tumore 30 anni fa e quindi la mia più grande era la paura che si ripetesse la stessa storia. È accaduto ma sono stata molto più fortunata, grazie alla ricerca avvenuta in questi 30 anni.
Non è stato facile, ma l’importante è avercela fatta”.
Dovendo affrontare cure così invasive il tuo corpo è cambiato. Come dicevi prima, le donne in corso di guarigione da un tumore sentono il peso della privazione della propria femminilità. Ti va di parlarci di come tu hai affrontato questo aspetto?
“All’epoca avevo 35 anni. Andando avanti con la chemioterapia l’effetto fisico che ho sentito di più inizialmente era l’affaticamento. Ero arrivata verso la fine che mi sentivo una donna di 80 anni. Anche gli atti più semplici mi sembravano sforzi sovrumani, come fare un semplice letto o salire le scale. Non riuscire a fare le cose a cui non pensi, che fai in automatico, è un grosso cambiamento. L’altro aspetto è stato assolutamente la perdita dei capelli, che per una donna sono fondamentali. Quando ho cominciato a perderli, nonostante fossi stata avvertita, sono stata molto male. Avevo i capelli lunghi e li perdevo a ciocche, quando la situazione è diventata insostenibile una mia amica ha accettato di rasarmi. È stato un momento terribile e catartico. Ho passato diversi mesi senza capelli, con una parrucca per uscire, mi guardavo allo specchio e mi sentivo come privata di qualcosa, della femminilità e della normalità. Un giorno, mentre ero in bagno, attraversi un riflesso di luce ho intravisto i primi gracili capelli che ricrescevano, come la peluria di un neonato. Ero contentissima, e quando ho ricominciato ad averne un po’ di più la sensazione migliore è stata quella di risentire il vento tra i capelli. Una piccolezza a cui non facciamo caso, ma che per me in quel momento è stata una conquista, un forte simbolo di speranza. Una sensazione inesprimibile.
Ho fatto la mastectomia togliendo entrambi i seni e sostituendoli con una protesi. La scelta è stata mia, anche se il tumore era solo nel seno sinistro. Ma non volevo più vivere nell’ansia del possibile insorgere di un altro tumore. Sentire qualcosa di non mio addosso è stato difficile, soprattutto durante la chemio in cui ti trovi priva di capelli, ciglia, sopracciglia, con sue protesi al posto dei seni, le cicatrici. Quei sei mesi sono stati duri”.
In che modo la malattia ha cambiato la tua visione della vita?
“Mi è uscita una forza che non pensavo di avere. Sono cresciuta tanto, sembra strano ma trovo che mi abbia cambiato in bene. Magari lo dicono in tanti ma mi ha insegnato che vivere giorno per giorno e apprezzare ciò che abbiamo in quel momento è davvero la cosa più importante: ti può cadere il mondo addosso in ogni momento, come è successo a me quando ho avuto la diagnosi. Vivi in un mondo parallelo quando stai in queste situazioni. Dico sempre che per me è stato come vivere due vite: una in ospedale a fare la chemio con persone che stavano passando il mio stesso inferno, una con le persone più care che nonostante tutto il bene che mi vogliono non potranno mai capire davvero come ci si sente, con tutto il rispetto per mio papà e per i miei amici che mi sono stati vicini. L’unica cosa che si poteva fare in quei momenti era sperare nel domani”.
A tal proposito, come sono cambiate le relazioni con chi ti stava intorno dopo la diagnosi?
“Quando ho saputo il tutto ho scelto di farlo sapere solo alle persone che mi volevano davvero bene. Non avevo bisogno che la gente mi guardasse con compassione, anche se non lo facevano apposta. Subito ho preso questa decisione per poi comunicarlo più ampiamente solo una volta guarita”.
Parlando di compassione, la paura e il fastidio di suscitare pena negli altri è spesso una preoccupazione di chi si trova alle prese con un tumore. Tu come ti se posta su tale questione?
“In base alla mia esperienza, a chi affronta questa situazione posso solo consigliare di fregarsene e pensare a se stessi e al proprio bene: sei tu che devi combattere e sconfiggere questo mostro, in quel momento ci siete solo tu e lui in questa lotta”.
D’altra parte come dovrebbero comportarsi le persone i cui cari hanno ricevuto una diagnosi di tumore? Quale atteggiamento consiglieresti in una situazione così delicata?
“Dare forza anche solo con i piccoli gesti, un sorriso, una piccola cosa per far star bene anche solo per un momento. Purtroppo chi non ha passato queste cose più di tanto non si può capire, non ne faccio una colpa ma spesso ci si sente soli proprio per questo motivo. Ci sei solo tu, gli altri sono come un contorno.
Come dicevo per me sono bastate le piccole cose, come ad esempio la mia amica che mi ha rasato i capelli, è stata una cosa faticosa anche per lei ma l’ha fatto per me, facendolo con un sorriso e cercando di sdrammatizzare”.
Sempre a proposito di relazioni, com’è cambiato il tuo atteggiamento nei confronti dell’amore e dell’intimità? Considerando il fatto che trattamenti come la chemioterapia e operazioni come la mastectomia cambiano radicalmente il corpo di una donna.
“In quel periodo ero fidanzata da tre anni con un ragazzo. In quella situazione lui non è riuscito a darmi il supporto di cui avevo bisogno, e ho capito che la mia visione dell’amore era troppo diversa dalla sua, al di là della malattia. Col senno di poi, avrei voluto accanto il mio attuale marito. Tuttavia questa rottura mi ha permesso una volta guarita di capire meglio cosa volevo davvero. Nonostante il periodo terribile che ho passato, una volta guarita ero al settimo cielo, sentivo la vita che mi esplodeva dentro.
Per quanto riguarda la fisicità e le relazioni intime, sì, ho avuto paura sotto certi aspetti. In primis per quanto riguarda le cicatrici. Mi infastidivano. Così come le protesi: mi sentivo un po’ a disagio, mi vergognavo del mio aspetto. Ma una volta incontrato mio marito, il vero amore, ho superato tutto questo”.
Come hai detto, hai una figlia che è tutto per te. Hai mai riflettuto sul fatto che il tuo modo di vivere la maternità sarebbe stato diverso se non avessi avuto il tumore?
“Sicuramente sì. Ovviamente chiunque decida di avere un figlio lo fa con immensa gioia, ma per me è stato come se il sentimento fosse ancora più forte, è stato un vero e proprio miracolo perché ho temuto a lungo di non poter avere figli, così come tante altre donne che per situazioni “simili” alle mie hanno avuto il timore di non potersi creare una famiglia. Ringrazio dunque la medicina e la ricerca che mi hanno dato la possibilità di partecipare ad una cura sperimentale per preservare la mia possibilità di concepimento.
A proposito di maternità, avere un tumore al seno mi ha permesso di superare il lutto di mia madre. Avevo solo nove anni quando è successo e non ricordo molto del trauma, ma vivere la stessa esperienza di mia madre mi ha fatto sentire più vicina a lei. Ho vissuto il fatto di aver vinto questa lotta come una rivincita anche per lei”.
Cambiando discorso, hai esperienze di un percorso psicologico legato alla tua esperienza oncologica?
“Io non ne ho sentito il bisogno per quanto riguardava la mia lotta contro il tumore. Per fortuna una volta guarita non ero depressa, avevo solo tanta grinta e voglia di vivere: ero piena di speranza. Nonostante la brutta esperienza, il fatto di avercela fatta mia ha dato una forza enorme che mi ha fatto vedere le cose dal lato positivo”.
Quanto credi possa contare la prevenzione in questo ambito?
“È fondamentale. è importante prevenire perché, se si riesce a prendere in tempo, si può sconfiggere questo male che ad oggi aggredisce donne sempre più giovani. Un esame in più non costa niente”.
Cosa ti senti di dire a chi si trova ora ad affrontare un tumore al seno? Come affrontare la paura?
“Bisogna tirare fuori tutta la forza che si ha. Soprattutto noi donne siamo piene di vigore, possiamo affrontare questo mostro a testa alta. Inoltre, è importante affidarsi alla medicina e ai dottori, senza smettere mai di lottare. Non bisogna mai perdere la speranza”.
Caterina Malanetto