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Gorbaciov

Un uomo che disprezzava la guerra, la real politik

Lui disprezzava la guerra. Lui disprezzava la real politik. Era convinto che il tempo in cui l’ordine mondiale poteva venire dettato dalla forza fosse finito. Credeva nelle scelte dei popoli. Aveva liberato i detenuti politici. Aveva fermato la guerra in Afghanistan e la corsa al riarmo nucleare. Mi aveva raccontato di essersi rifiutato di schiacciare il bottone dell’attacco atomico perfino durante le esercitazioni! Aveva visto i filmati dei test nucleari nei quali il fuoco divorava tutto, case, mucche, pecore, uguali alle pecore della sua Stavropol, delle quali andava tanto fiero.

Aveva amato una donna più del suo lavoro. Penso che non avrebbe mai potuto abbracciarla con mani sporche di sangue. Lui non considerava l’omicidio un atto nobile. Aveva dato al comunismo un addio senza sangue. I nostalgici dell’impero continuavano a rimproverargli di aver “dato via” la Germania, la Cechia, la Polonia. Lui replicava con inimitabile sarcasmo: «A chi li avrei dati? La Germania ai tedeschi. La Polonia ai polacchi, la Cechia a cechi. A chi altri avrei dovuto darle?».

Qualche anno più tardi, durante una discussione per la Novaya Gazeta sulle nuove dittature, mi disse all’improvviso: «Scrivitelo, così ce lo ricordiamo: un dittatore deve avere una regola, quella di tenere sempre in un aeroporto segreto un aereo con il serbatoio pieno…». Il suo humour nero era sempre molto indovinato. Un giorno, un paio d’anni fa, scrisse una relazione molto importante per le Nazioni Unite, che decise di leggerci a una tavolata tra amici. Quando avevamo già sollevato i bicchieri per un brindisi, aveva tirato fuori dalla cartella uno spesso pacco di fogli. Noi ci eravamo preparati educatamente ad ascoltare… ma la prima pagina recava una sola frase: «Proibire la guerra»! «Tutto qui?», chiedemmo. «E cos’altro bisognerebbe dire?» ci rispose, e ci permise di iniziare a bere.

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