A mitigarne gli effetti è la qualità dei servizi</a>
L’Italia non è più quella di una volta. Non lo è più perché dal 2014 la popolazione è entrata in una fase di progressiva riduzione. Non lo è più perché dall’inizio di questo decennio gli anziani (65enni e più) hanno definitivamente superato i giovani (under 25). Non lo è più perché, oltre al declino demografico e all’invecchiamento, ha preso avvio, con effetti che diventeranno sempre più evidenti nei prossimi anni, un processo di indebolimento della popolazione in età attiva.
I dati presentati in queste pagine anticipano, su scala territoriale, cambiamenti strutturali che vivremo nel decennio in corso. Più che il futuro riguardano il presente prossimo: non quello che saremo ma quello che già stiamo diventando.
Tre sono le principali indicazioni che ne possiamo trarne. La prima è la conferma di ciò che accomuna marcatamente tutto il Paese da tempo, ben riscontrabile ai due estremi delle età della vita. In tutta la penisola le maggiori variazioni positive si trovano nelle età più avanzate, mentre la diminuzione più intensa riguarda gli under 15. Nulla di nuovo su questo ma la necessità di ribadire l’importanza di rafforzare, in particolare, sia i servizi per l’infanzia che per la non autosufficienza. Questi servizi devono poter migliorare le condizioni di benessere di bambini e anziani ma sono anche indispensabili per poter armonizzare tempi di vita e di lavoro di chi si trova al centro della vita attiva.